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LET TIME DO THE (dirty) WORK

Qualcosa al riguardo del pane fatto “senza impasto”.

Devo dire che di questa tecnica o novità, che dir si voglia, non ne avevo mai sentito parlare, finché un giorno mi entra prepotentemente in casa passando direttamente dallo schermo del mio Mac.
Collaboro con un sito che raccoglie blog, ricette, forum... ed è un punto di incontro di molte bloggers agguerrite in ogni senso.
Per ravvivare il forum di cui sono responsabile, ho deciso di inserire un topic su un argomento pressoché molto dibattuto, ovvero “problemi con il pane”. L'intento era quello di discutere di eventuali piccoli insuccessi riguardanti la panificazione casalinga dell'ingrediente italiano per antonomasia. Col senno di poi se dovessi rinominare quel topic lo chiamerei “pandora” in quanto ho scoperto in seguito che ha suscitato parecchio interesse ma anche in modo molto disordinato, come solo una conversazione a distanza e diluita nel tempo sa fare.
Durante i primi vari fraseggi del tipo domanda risposta considerazione eccetera emerge la richiesta di una mia opinione su un “argomento che spopola sul web” ( vale a dire gossip telematico ) ovvero la manna caduta dal cielo per coloro che no hanno molta dimistichezza e tempo da dedicare ad impasti, dosi, lievitazioni multiple, e quant'altro concerne una classica panificazione.
Il mistero era annidato in un gioco di parole, uno scioglilingua, una arcana parola magica... “il pane senza impasto”. Bello vero? La pietra filosofale della panetteria!
In pratica quando ho onestamente dichiarato la mia “ignoranza” riguardo questo tipo di panificazione, in quanto non ne avevo mai sentito parlare, ho visto piovere da molte parti dei consigli espliciti sul da farsi. Ho detto che mi sarei informato in modo da avere una opinione in merito. Ed è quello che ho fatto, ma non subito in quanto fortunatamente il lavoro i ha catturato lasciandomi molto poco tempo a disposizione per altro. Al mio ritorno sul forum, non ho potuto fare a meno di notare che il coperchio del vaso era stato aperto e pandora fatto il suo lavoro. Non mi aspettavo certo una cosa del genere, ma si sa, quando qualcosa “spopola sul web” lo fa alla grande!
Così ho chiesto, ho letto, ascoltato e rimuginato, finché l'unica risposta seria da offrire alla domanda fatidica me la ha offerta proprio “il web”.
Prima di offrirvela, vorrei però precisare che ho personalmente parlato con 2 panificatori professionisti di Milano e dopo una grassa risata e qualche “consiglio su dove andare” all'indirizzo dell'inventore della nuova tecnica senza impasto, mi hanno detto che per loro questa cosa A) è una novità; B) non è panificazione ma qualcosa che gli somiglia.
Ho in casa diversi testi di panificazione e li ho consultati e pur trattando tecniche anche semplici, non fanno riferimento a nulla di cui io cercavo notizia.
Ultimo tentativo; giro di telefonate. Ma i colleghi e amici che a cui ho chiesto non hanno saputo darmi risposte chiare su come si potesse realizzare un impasto così semplice e così produttivo.
Visto che è un “argomento che spopola sul web” sono andato proprio lì a cercarlo e l'ho trovato.
Adesso so cosa è, so di cosa si tratta, so come si fa e so anche perchè.
Non lo ho ancora fatto, ma mi ripropongo di farlo al più presto. Sono fatto così, sono curioso, non mollo e cerco sempre, solo non ho l'abitudine di fare copia incolla tanto meno dal web.
Ma per questa volta farò un'eccezione e pertanto inizierò con il copiare ed incollare il testo integrale della ricetta citando fonte e link ed oltretutto udite udite, fornirò un link con l'articolo che fece il N.Y.Times sull'argomento e sul suo inventore...

ed ecco la ricetta integrale presa dal sito www.kucinare.it

Pane senza impastare (no-knead bread)
L'idea e' di Jim Lahey, della Sullivan Street Bakery di Manhattan a New York. E' un pane che si fa con pochissimo lievito e che NON si impasta! Secondo Harold Mc Gee la lunga fermentazione di un impasto cosi' umido fa sì che le molecole di glutine si allineino per formare la maglia glutinica, senza la necessità di impastare. Il risultato e' un pane leggerissimo, profumato e con un alveolatura spettacolare: il tutto senza nessuna fatica!
Tempo di preparazione e cottura:
1 h piu' 20 ore circa di lievitazione
470 g farina
360 g acqua
10 g sale
3 g lievito fresco
Nota: la ricetta originale prevedeva lievito secco e meno sale
Questo metodo e' stato oggetto di un articolo sul New York Times
In una grossa ciotola, sciogliere il lievito nell'acqua. Aggiungere la farina e il sale e mescolare quanto basta a combinare gli ingredienti. Si otterrà un impasto molliccio e appiccicoso.
Coprire con pellicola e lasciare lievitare per 12-18 ore a 20 gradi.
Al termine di questo tempo, il volume sara' circa 3-4 volte quello iniziale e la superficie completamente piena di bolle.
Rovesciare l'impasto su un piano infarinato e con l'aiuto di una spatola ripiegarlo su se stesso un paio di volte.
Lasciarlo riposare circa 15 minuti coprendo con la ciotola capovolta (o con la pellicola).
Con le mani infarinate dare rapidamente la forma di una palla.
Infarinare abbondantemente, possibilmente con semola o semolino, un canovaccio di cotone. Posarvi la palla di impasto con la chiusura sotto. Infarinare ancora un po' e coprire con un altro canovaccio.
Lasciar lievitare altre 2 ore.
L'impasto e' pronto quando e' piu' che raddoppiato e, premendo con un dito, l'impronta fa fatica a sparire.
Mezz'ora prima che sia terminata la lievitazione, accendere il forno a 230 gradi e mettere dentro una grossa pentola (28-30 cm di diametro) con coperchio (di ghisa, terracotta, pyrex o smaltata) affinche' si riscaldi.
Quando l'impasto e' pronto, togliere la pentola dal forno, infilare le mani sotto il canovaccio e rovesciare l'ìmpasto nella casseruola con la chiusura sopra. Sembra strano, ma l'impasto non si attacchera' al fondo.
Scuotere un po' la casseruola per posizionare bene l'impasto.
Coprire e rimettere subito in forno.
Dopo circa mezz'ora togliere il coperchio e proseguire la cottura finche' la superficie sia ben dorata (ancora 15-20 minuti).
Far raffreddare su una gratella.

Ora che mi sono informato, e mi son fatto una opinione, posso esprimerla.
Eccovela:
trovo che questa tecnica non differisca poi molto da quelle più antiche di migliaia d'anni fa, quando si lasciava fermentare la farine con un semplice innesco e poi l asi cuoceva ( come ora ) in un recipiente chiuso per rafforzarne l'azione del calore.
Una tecnica che a mio avviso permette ulteriori miglioramenti e aggiunte, tanto il motto è:
Let Time Do the Work.
Una cosa carina, originale se volgiamo per i tempi odierni, ma siccome la novità è datata 2006 e arriva direttamente dal N.Y.Times mi sembra di capire che stia attecchendo solo in alcuni ambiti e non certo quelli professionali.
Sicuramente una tecnica da provare, e anche da far propria, se vogliamo che a far tutto sia il tempo...

Gualtiero.

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